Psicoterapia ad indirizzo cognitivo-comportamentale: cos’è e quando può servire

Chiunque, nella propria vita, attraversa momenti di grande difficoltà. Ed i motivi, in tal senso, possono essere i più svariati: una vita sentimentale poco felice, situazioni professionali poco appaganti, un lutto e mille altre situazioni che, in taluni casi, possono incidere profondamente sulla nostra psiche. In questi casi, molti, a ragion veduta, cercano conforto nelle persone più vicine, un aiuto tangibile e concreto per cercare di superare queste situazioni.

Ma non sempre l’aiuto di chi ci vuole bene può risultare totalizzante. È necessario, quindi, rivolgersi a dei professionisti, soggetti qualificati, come ad esempio il Dott. Giulio Borla dello studio le vele, che sono in grado di affrontare qualsiasi tipologia di problematica, usufruendo delle tecniche più moderne del mondo della psicologia.

Psicoterapia cognitivo-comportamentale: di cosa si tratta

Una di queste è, senza alcun dubbio, la psicoterapia ad indirizzo cognitivo-comportamentale, che si pone l’obiettivo di fornire una spiegazione al disagio emotivo di un singolo soggetto mediante una complessa relazione di pensieri, comportamenti ed emozioni: ciò che accade nella nostra vita influenza, inevitabilmente, i nostri comportamenti, ma sono quest’ultimi, unitamente ai nostri pensieri, a determinare la loro durata ed intensità.

Ciò che pensiamo e facciamo, di conseguenza, può incidere negativamente e produrre malessere: seppur inconsciamente, siamo talvolta vittime di schemi mentali rigidi e di abitudini dannose. La psicoterapia cognitivo-comportamentale, quindi, si pone lo scopo primario di agire su pensieri e comportamenti in modo attivo, cercando di correggere quegli atteggiamenti che possono causare, anche inconsapevolmente, disagio psichico.

La grande innovazione di questa terapia, consiste nella piena condivisione tra terapeuta e paziente degli scopi e obiettivi che si vogliono raggiungere con la psicoterapia ad indirizzo cognitivo-comportamentale: una volta stilata una diagnosi, il trattamento da seguire viene traslato all’atto pratico solo dopo esser stato “accettato” proattivamente dal paziente. Una sorta, in molti casi, di autentica rivoluzione nel mondo della psicoterapia.

Questa leale ed autentica condivisione tra professionista e paziente, viene traslata all’atto pratico con una piena comunanza di intenti nell’individuazione di pensieri, comportamenti ed emozioni che nuocciono al nostro benessere ed equilibrio psicologico. La fase successiva, non meno importante, consiste in una stretta collaborazione tra i due soggetti per modificare abitudini di pensiero disfunzionali e regolare in maniera più efficace le proprie emozioni.

In quali casi la terapia cognitivo-comportamentale può essere di supporto

Il paziente, in questa evoluta terapia, gioca un ruolo estremamente attivo: essendo stimolato a fornire pensieri e ad abbattere i rigidi schemi mentali che lo bloccano, sviluppa i propri pensieri in modo leale ed autentico. Lo scopo è quello di porre il paziente nella situazione di sperimentare comportamenti differenti, praticando diverse tecniche per facilitare la propria regolazione emotiva, sia durante la seduta che nel corso della settimana.

La terapia cognitivo-comportamentale, infatti, non si risolve nella seduta in studio, o considerata l’attuale emergenza sanitaria, in remoto. Il paziente, infatti, dovrà svolgere alcuni “compiti a casa” per individuare e regolare le proprie emozioni, nonché i pensieri ed i comportamenti acquisiti durante la seduta. Questa terapia, di fatto, lavora sul presente, cercando di ottenere immediate risposte al fine di far ritrovare al paziente uno stato di benessere soddisfacente.

Esistono, tuttavia, alcuni modelli di terapia cognitiva-comportamentale che si pongono l’obiettivo di indagare nel passato del paziente, al fine di comprendere alcuni comportamenti o rigidi schemi mentali che bloccano lo stesso nel presente. In base alla terapia da intraprendere, esistono modelli di trattamento che prevedono la netta separazione tra esperienze passate e presenti, al fine di ottenere un quadro più chiaro ed esaustivo della situazione psicologica del paziente.

In base ad autorevoli studi scientifici, la terapia cognitiva-comportamentale è assai utile in questi casi: disturbi d’ansia; attacchi di panico; disturbi dell’umore; disturbi del comportamento alimentare; disturbi sessuali; disturbi post-traumatici da stress; insonnia; disturbi della personalità. Inoltre, è particolarmente indicata, ad integrazione alla terapia farmacologica, per i soggetti che soffrono di problemi di psicosi e schizofrenia.