Dai BOT al Trading: mutano le abitudini degli investitori italiani

Come far fruttare i propri soldi è una prerogativa, da sempre, di ogni buon risparmiatore italiano che si rispetti. D’altronde, il nostro paese, pur detenendo un debito pubblico monstre secondo soltanto – percentualmente parlando in rapporto al PIL – a quello greco, è da sempre noto per annoverare dei cittadini più formiche che cicale, nonostante negli ultimi due decenni la propensione al consumo sia aumentata esponenzialmente. Tanti sono i fattori che possono incidere su quest’attitudine italiana, spesso derivata da motivi storici (il dopoguerra, ad esempio, dove un pasto giornaliero rappresentava un lusso per molte famiglie) o da vere e proprie ritrosie allo “sperpero” del denaro faticosamente accumulato.

Finisce l’era del free-risk a tassi alti: italiani spiazzati

Gli italiani, di conseguenza, hanno sempre guardato con un particolare occhio di riguardo al mondo degli investimenti finanziari, viziati nei decenni scorsi da tassi d’interesse particolarmente appetitosi sul cosiddetto “free-risk”, rappresentato, perlopiù, dai titoli di stato come BOT e BTP, capaci – per svariati decenni – di garantire ai cittadini rendimenti a doppia cifra. Un mondo che, con buona pace dei nostalgici, non esiste più. Oggi, infatti, i titoli di stato e le obbligazioni bancarie degli istituti con un elevato grado di solidità e solvibilità hanno dei rendimenti molto modesti, talvolta negativi.

Fra i principali fattori di questi rendimenti poco appetitosi, la prolungata politica economica espansionistica della Banca Centrale Europea ha un ruolo certamente primario, considerato l’azzeramento dei tassi ufficiali e il rendimento negativo su quelli “overnight“. E considerato l’andamento zoppicante dell’economia europea, ancora lontana dal definirsi pienamente in ripresa e dal 2% d’inflazione programmata, quest’andamento dei tassi potrebbe estendersi per almeno un altro biennio, nella più rosea delle previsioni.

Fondi comuni o scelta individuale dei titoli: cosa privilegiare? 

Per i cittadini italiani, di conseguenza, è cambiata completamente la strategia da adottare per l’allocazione finanziaria delle proprie risorse: una parola come “fondi comuni d’investimento“, ad esempio, è diventata famigliare per buona parte dei risparmiatori, costretti, loro malgrado, a cercare altrove il rendimento precedentemente garantito dai titoli di stato. E spesso, oltre a non trovare il rendimento atteso o perlomeno sperato, si sono imbattuti in qualche minusvalenza. Non è casuale, date le commissioni applicate e i rendimenti talvolta deludenti dei fondi comuni, che un numero sempre crescente di risparmiatori si affidi al cosiddetto “fai da te”, acquistando in autonomia titoli finanziari nelle tante piattaforme di trading presenti in rete.

Investire, per di più autonomamente, nei mercati finanziari, e in particolar modo in quelli azionari, richiede, comunque, una cultura finanziaria perlomeno sufficiente. Grazie alla rete, tuttavia, è possibile reperire informazioni assai utili per affrontare i mercati finanziari con consapevolezza, vai qui per la guida, al fine di comprendere appieno i rischi e le potenzialità degli stessi. Investire in borsa, com’è noto, non garantisce alcun tipo di rendimento e, soprattutto, espone totalmente l’investitore al rischio emittente, dato che in caso di “default” non è prevista alcuna garanzia di rimborso.

E’ fondamentale, quindi, tenere ben presente quanta parte dei nostri risparmi vogliamo investire in questi mercati e, in seconda battuta, quali titoli privilegiare. Nel caso si fosse neofiti, ad esempio, un approccio morbido potrebbe essere rappresentato dalla scelta di titoli solidi o “sistematici”, che espongono l’investitore alla volatilità  ma consentono di limitare al minimo il rischio default.